Rivista XLII (2002) - fascc. 1-3
Durante l'arco del XIV secolo, la città di Padova visse processi di cambiamento che trasformarono il volto della città e i modi di vita dei suoi abitanti. Sullo sfondo di mia persistente instabilità degli equilibri di potenza nell'Italia settentrionale e di ripetuti passaggi da posizioni di egemonia a situazioni di soggezione politica, venne maturando il predominio della dinastia dei da Carrara e, in parallelo, si produsse il riordino degli strati eminenti per effetto delle selezioni dettate dal sistema di corte e dalla connessa distribuzione delle cariche di governo. La formazione di un assetto socio-politico più compatto, rispetto a quello dell'età comunale, e strutturalmente più reattivo rispetto a esigenze e opportunità di contesto facilitò la centralizzazione delle strutture amministrative, il potenziamento della presa fiscale e del controllo sul territorio rurale e consentì anche, grazie allo sviluppo di relazioni di vasto raggio nella penisola italiana e nelle regioni continentali gravitanti verso il mare Adriatico, lo sviluppo della manifattura tessile e il lancio della produzione locale nei mercati "internazionali". I cambiamenti modificarono la fisionomia della cittadinanza e della città stessa. Mentre la popolazione dei residenti assumeva un carattere "borghese" per il ruolo predominante dell'imprenditoria e del lavoro nella costruzione dei nessi sociali, uomini e famiglie di vertice si impegnavano nella promozione della cultura d'élite e nella committenza di grandi opere volte, direttamente o indirettamente, a perfezionare il decoro urbano con l'intento, fra l'altro, di convogliare il consenso della collettività verso la dinastia dominante e l'oligarchia al potere.
During the 14th century, the city of Padua lived through a period of great change that transformed the face of the city and the way of life of its inhabitants. With the background of a persistent instability in the balance of power in northern Italy and of repeated changes from hegemony to political subjection, the predominance of the da Carrara family gradually matured and, in parallel, there was a reordering of the social strata due to dictates of court life and to the related distribution of government positions. A more compact socio-political order was created, with respect to the preceding era. it was structurally more reactive to the needs and opportunities of its context, and thus facilitated the centralization of administrative structures, the reinforcing of its fiscal hold, and its control of rural lands and also allowed for the development of textile production and the launch of the local production in the "international" marketplace, thanks to the development of relations of a large scale throughout the Italian peninsula and in regions of the continent which gravitated towards the Adriatic Sea. These changes modified the physiognomy of the population and of the city itself. While the resident population took on a middle class quality due to the predominant role of business and construction of social ties, the leading men and families promoted a culture of the elite and the great works which were directly or indirectly meant to perfect the urban décor with the intent, among others, of gaining public approval for the dominant dynasty and tile oligarchy of power.
L'articolo analizza la committenza artistica della comunità dei frati francescani al Santo. Si è constatato che, anche se non siamo in grado di identificare dei personaggi chiave come i confratelli Daniele Gusmerio e Pace da Lugo (rispettivamente da Verona e da Vicenza), è chiaro il contributo dei lavoranti francescani, come scultori e supervisori. Si evince che i processi della committenza artistica erano vari e complessi: i frati erano attenti alla propria affermazione attraverso i dipinti murali e i reliquiari, ma lo erano anche i committenti laici che avevano una forte influenza.
This article investigates the artistic patronage of the local community of Franciscan friars at the Santo. It finds that although we are unable to identify key protagonists such as brothers Daniele Gusmerio and Pace da Lugo (from Verona and Vicenza respectively), it acknowledges the contribution of Franciscan manual labourers, possibly sculptors and supervisors. It argues that the processes of artistic patronage were complex and varied: the friars were at times keen to assert themselves and their own concerns in murals and reliquaries for instance, but lay patrons also had a considerable say.
Partendo dalla discussione recente su cosa sia la filosofia del Medioevo e sull'imprescindibilità del contributo dato dai teologi allo sviluppo dei pensiero filosofico tardomedievale, lo studio descrive il "curriculum studiorum" negli studia conventuali e l'influsso che su di esso ebbero sia l'insegnamento parigino sia il peso crescente dell'ambiente oxoniense alla fine del Duecento. Ne sono testimonianza alcuni codici conservati tutt'oggi nella Biblioteca Antoniana, tra i quali vanno segnalate ailcune opere di Giovanni Duns Scoto.
By referring to the present-day discussion over what precisely is - or should be considered - philosophy in the Middle Ages, the author emphasizes the crucial importance of the role of theologians in the philosophical scene of the Late Middle Ages. The examination of the "curriculum studiorum" in the Franciscan at the end of the thirteenth century studia reveals the importance of the Parisian theological teaching and the growing influence of Oxford. Tire Antoniana Library preserves some manuscripts which are precise witnesses of this history, in particular the ones containing some works by John Duns Scotus.
La tradizione delle opere di Gioacchino da Fiore nei mss. della Biblioteca Antoniana, attestata da due codici - il ms. 322 (un'importante antologia di testi) e il ms. 328 (che riporta la "Concordia") -, è un esempio significativo di come le opere dell'abate calabrese furono accolte nelle biblioteche degli "studia" francescani. Passata infatti l'ondata di accese battaglie di stampo politico e di affermazione del proprio ruolo nella Chiesa, in cui le opere autentiche e spurie dell'abate giocarono un ruolo notevole (per quanto solo in circoli ristretti o per singoli frati), durante il XIV secolo, negli "studia" francescani, Gioacchino è recepito non tanto come il profeta, annunciatore dell'avvento dei nuovi ordini mendicanti, ma come l'esegeta e il teologo. Non traspare peraltro che i suoi scritti fossero letti e studiati tra i frati del Santo.
The tradition of Gioacchino da Fiore in manuscripts of the Biblioteca Antoniana, as seen in two works: ms. 322 (an important anthology of texts) and ms. 328 (which contains the "Concordia"), is a significant example of how the works of the Calabrese abbot were received into the libraries of the Franciscan "studia". During the XIV century, following the wave of intense "political" battles and the affirmation of the role of the Franciscan Order in the Church, in which both the authentic and false works of the abbot played a major role (even if only in limited circles or for individual friars) in the Franciscan "studia", Gioacchino is perceived not as a prophet, an announcer of the advent of the new mendicant orders, but as an exegete and theologian. It is not clear whether his works were read and studied by the friars of the Basilica of St. Anthony.
L'intervento analizza un aspetto specifico dell'illustrazione dei manoscritti trecenteschi conservati nella Biblioteca Antoniana, quello dell'iconografia francescana. Miniature con soggetti francescani ricorrono sovente sia nei codici di studio sia nei codici liturgici, manoscritti che, grazie alla loro identificazione nell'inventario di fine Trecento, sappiamo essere stati presenti nella raccolta "ab antiquo". Nei libri di biblioteca immagini francescane si trovano, come è ovvio, soprattutto in quei trattati di varia dottrina e filosofia composti dai frati Minori. Nei manoscritti qui analizzati (mss. 51, 38, 52, 441, 440, 115, 144, 133) l'autore è ritratto intento a scrivere la sua opera. a esibire il libro o a illustrarne il contenuto a un gruppo di confratelli. Sono immagini di grande semplicità, piuttosto ripetitive e miniate da artisti modesti, spesso non padovani, che dimostrano come i Minori acquistassero i manoscritti fuori sede e avessero scelto nell'allestimento della biblioteca la via della semplicità, considerando tali libri essenzialmente dal punto di vista funzionale. Diverso è invece il caso dei manoscritti liturgici la cui ricchezza delle miniature, il linguaggio realistico di grande espressività - spesso da imputare a moderni miniatori bolognesi - e il ricorso frequente all'illustrazione "ad verbum" sembrano riflettere una precisa volontà della committenza. Nelle numerose immagini di santi francescani e di frati minori, dipinte nelle iniziali e nei fregi dei "Lezionario" 74 e della serie di "Corali", le scelte iconografiche e stilistiche rispecchiano infatti una finalità didattica, un intento di coinvolgimento emotivo e, soprattutto, una grande sintonia con la spiritualità dell'Ordine.
The presentation analyses a specific aspect of the illustrations of manuscripts from the fourteenth century preserved in the Biblioteca Antoniana, Franciscan iconography. Illustrations with Franciscan subjects often occur in both codices used for study and liturgical codices, manuscripts which have been in the collection for centuries, "ab antiquo", which is known from their identification in inventories from the thirteen hundreds. Clearly, there are Franciscan images in the books of the library, above all, in the treatises of doctrine and philosophy written by the Friars Minor. In the manuscripts analysed here (mss. 51, 38, 52, 441, 440, 115, 144, 133) the author is depicted as he writes his manuscript, showing the book or illustrating its content to a group of fellow friars. These are images of great simplicity, rather repetitive and painted by minor artists, often not from Padua, which demonstrates how the Friars Minor acquired manuscripts from other places and how they chose simplicity in furnishing the library, considering books exclusively from their functional point of view. Quite different is the case of liturgical manuscripts, whose richness of illustrations, realistic style of great expressive quality - often the work of contemporary Bolognese illustrators - and the frequent use of "ad verbum" illustrations, would seem to reflect a precise wish of the patron. In the numerous images of Franciscan saints and of Friars Minor, painted in the initials and frames of the "Lezionario" 74 and of the series of "Corali", the iconographic and stylistic choices reflect a didactic purpose, an attempt at emotional involvement and, above all, a great harmony with the spirituality of the Order.
Con il presente intervento si è inteso prendere brevemente in esame le testimonianze pittoriche (note e meno note) pervenute sino a noi nella basilica del Santo a Padova, attribuibili all'attività di Giotto e bottega e riferibili al primo decennio del Trecento. Dopo un veloce elenco di riquadri affrescati dovuti a seguaci della bottega giottesca attivi tra la fine del secondo e il terzo decennio del secolo, l'analisi - condotta sia dal punto di vista iconografico che stilistico - si concentra sulla prima cappella destra del deambulatorio (di Santa Caterina, o delle Benedizioni), sulla sala capitolare e sul cosiddetto "andito". Si propone di riconoscere la presenza di Giotto al Santo sia prima che dopo l'esecuzione dei murali Scrovegni (rispettivamente nel sottarco della cappella radiale e nel Capitolo). In quest'ultimo ambiente, dove nel 1310 si svolgerà il capitolo generale dell'Ordine, si propone di vedere una tappa padovana del maestro successiva a quella della cappella della Maddalena assisiate. Grande interesse suscitano i lacerti di affreschi (purtroppo pervenuti in precario stato di conservazione, oggetto di recentissime operazioni di restauro e riassemblaggio) strappati dal locale adiacente la sala capitolare, che mette in comunicazione il chiostro del Capitolo con quello del Noviziato. Si propone di vedervi il primissimo intervento di Giotto a Padova, all'inizio del XIV secolo, soffermando l'attenzione specie sul tema iconografico del "Lignum vitae" bonaventuriano. Si richiamano inoltre alcuni dati essenziali desunti dalle fonti documentarie e letterarie, sottolineando particolarmente l'importanza del passo di un contemporaneo, il notaio Riccobaldo Ferrarese che ricorda l'attività di Giotto per i Minori del Santo a Padova.
This presentation briefly examines the fresco remnants found in the Basilica of St. Anthony, which are attributed to Giotto and his workshop in the first decade of the 14th century. After a short list of frescos by followers of Giotto who were active in the second arid third decades of the 14th century, the analysis - both in terms of iconography and style - concentrates on the first Chapel on the right of the deambulatory (the Chapel of St. Catherine or Chapel of the Benedictions), as well as on the Chapter hall and on the so-called "andito". Giotto's presence at the Basilica is suggested to be both prior to and subsequent to his work at the Scrovegni Chapel: namely, under the arch of the radial chapel and in the Chapter Hall, respectively. The latter, where in 1310 the Chapter of the Order took place, is suggested to be work that Giotto carried out in Padua following his work in the chapel of St. Mary Magdalene in Assisi. Great interest was raised by the shares of frescos (regrettably in a poor state of conservation, however, recently restored and reassembled), removed from the area adjacent to the Chapter Hall, connecting the Chapter courtyard with the Novitiate courtyard. It is suggested that these might be the first frescos Giotto painted in Padua, at the beginning of the 14th century, based on the attention given to the iconographic theme of the "Lignum vitae" of St. Bonaventure. Other essential facts are presented from documents and written sources, particularly highlighting the importance of a passage by a contemporary of Giotto, the notary Riccobaldo Ferrarese who mentioned the work of Giotto for the Friars Minor at Saint Anthony's in Padua.
L'intervento ripropone all'attenzione un frammentario affresco trecentesco, conservato nel muro settentrionale del transetto minore della basilica antoniana, di cui restano una fotografia e due grafici realizzati negli anni 1935-36 al momento della sua scoperta. L'opera, resa nota nel 1980 in questa stessa rivista da Danilo Negri e Laura Sesler, viene analizzata negli aspetti storici, iconografici e stilistici. L'autore, sulla base dei documenti noti e delle antiche fonti letterarie, identifica nel perduto altare di San Canziano il sito di cui il dipinto faceva parte, ne ripercorre le vicende, dalle prime testimonianze nel '300 fino alla sua distruzione nel '600 e analizza la tradizione agiografica e iconografica dei santi Canzio, Canziano e Canzianilla per tentare di individuare il soggetto della scena, ipotizzando che possa trattarsi di un episodio delle storie dei tre martiri aquileiesi. Il dipinto viene assegnato a un anonimo autore di ambito veneziano, qui attivo entro gli anni Venti del Trecento. Sono inoltre pubblicati i documenti relativi al ritrovamento e al nuovo occultamento dell'affresco avvenuti nel 1935-36.
This work focuses on a fragmented fresco from the 14th century, found on the northern wall of the minor transept of St. Anthony's Basilica. Of this, there remains a photograph and two drawings made in 1935-36 at the time of its discovery. The historical, iconographic and stylistic aspects of this fresco, which was originally made known by this journal in 1980 by Danilo Negri and Laura Sesler, are analyzed. On the basis of known documents and ancient literary sources, the author identifies it as part of the lost altar of St. Canziano, reports the events from the first mention in the 14th century to its destruction in the 17th century and analyzes the hagiographic and iconographic traditions of Saints Canzio, Canziano and Canzianilla in an attempt to identify the subjects portrayed, hypothesizing that it might represent a scene from the life of the three saints from Aquileia. The fresco is attributed to an anonymous artist from the Veneto region who was active during the third decade of the 14th century. In addition, this work presents the documents concerning the discovery and concealment of the fresco that took place in 1935-36.
Dans cette brève étude sur de l'Ordre au XIVe siècle, au a cherché a mettre en lumière l'histoire d'une expression - "Communitas Ordinis" - particulièrmant important dans la constitution d'un idéal de vie communitaire qui sera celui des frères mineurs conventuels au siècle suivant.
In questo breve studio sull'Ordine nel XIV secolo si è cercato di mettere in luce la storia di un'espressione - "Communitas Ordinis" - particolarmente importante nella formazione di un ideale di vita comunitario che sarà quello dei frati minori conventuali nel secolo successivo.
La storia trecentesca della comunità francescana del convento di Sant'Antonio di Padova presenta due aspetti: quello francescano e quello cittadino. Le linee portanti della identità del convento francescano di Padova nel secolo XIV si riassumono: 1) nella sua funzione di comunità addetta a un fondamentale luogo di culto (santuario sorto per custodire le spoglie di Antonio) e di identità religiosa (con proiezione sia francescana sia cittadina), in un'epoca che vede aperti grandi cantieri edilizi e pittorici in rapporto all'assetto dell'Arca e della basilica. 2) Nella persistenza di un carattere internazionale, favorito (oltre che da fattori religiosi) dalla funzione di "studium" dell'Ordine, che riprese vigore quando (1363) Urbano V eresse la facoltà teologica nello "Studium" generale di Padova (con conseguente possibilità di conferire il dottorato in teologia per tutti gli ordini mendicanti). Il convento del Santo inoltre fu sede di due capitoli generali dell'Ordine, nel 1310 e nel 1384. Hanno rilievo anche altri eventi, ad esempio nel 1350 la presenza del cardinale Guy de Boulogne legato papale e la traslazione delle spoglie di sant'Antonio; la devozione antoniana di alcuni tra i cardinali dei Trecento appartenenti all'ordine francescano (Fortanerio, Tommaso da Frignano, Bartolomeo Uliari). 3) Nel forte legame con la società cittadina di Padova e con la corte dei signori Carraresi, che trova nel Santo e nella sua comunità religiosa l'orizzonte di attesa per il suffragio "post-mortem", tuttavia non esclusivo, ma in concorrenza con altre chiese degli ordini mendicanti. Vengono esaminati alcuni esempi di "organizzazione della memoria" della comunità dei Santo sul piano liturgico-cultuale, giuridico-normativo, culturale (mss. della Biblioteca Antoniana 49, 74, 508).
The history of the Franciscan friary at the Basilica of St. Anthony in the 14th century presents two characteristics: the Franciscan and the Paduan aspects. The main aspects of the friary's identity at that time can be summarized: 1) in its function as a community, custodians of an important devotional site (the shrine built to house the remains of St. Anthony), and as a religious identity (with Franciscan and Paduan projections) in an era which saw the beginning of great building and artistic projects at the tomb and shrine of St. Anthony; 2) in the persistence of an international character, favored (other than by religious factors) by its function as "studium" of the Order, which flourished once again when (1363) Pope Urban V created the Theological Faculty in the "Studium" generale of Padua (with the consequent possibility of conferring a doctorate degree for all the mendicant orders). The friary at the Basilica was also the site of two General Chapters of the Order, in 1310 and 1384. Other events were important such as the presence of Cardinal Guy de Boulogne, the papal delegate, and the translation of St. Anthony's remains in 1350; the devotion to St. Anthony of several Cardinals of the Franciscan Order in the 14th century (Fortanerio, Tommaso da Frignano, Bartolomeo Uliari); 3) in the strong ties with the city of Padua and with the court of the Carraresi family, which found in the Saint and the religious community of waiting for the "post-mortem" approval, not exclusively, but in competition with other churches of mendicant Orders. The author examines examples of the organization of the memory of the community at the Basilica on liturgical-cultural, and juridical-normative levels (mss of the Biblioteca Antoniana 49, 74, 508).
There were numerous friars from the English province who worked in Italy and some were present at Padua, where Haymo of Faversham served as lector. They were among the pilgrims to the saint's tomb. Some of the friars who succeeded Haymo in the office of lectorat Padua had studied theology at Oxford and Cambridge. The writings of English theologians were accorded a place of honour in the Biblioteca Antoniana and this reflects the tradition of theological excellence pursued at Oxford and Cambridge. Devotion to St. Anthony took many forms in medieval England, including hagiographical, homiletic and liturgical texts.
Numerosi frati, provenienti dalla provincia inglese, e arrivati come pellegrini alla tomba di sant'Antonio, operarono in Italia e alcuni furono presenti a Padova durante il periodo in cui Aimone di Faversham fu lettore presso il convento. Alcuni dei successori di Aimone alla carica di lector avevano studiato teologia a Oxford e Cambridge. Agli scritti dei teologi inglesi fu accordato un posto d'onore all'interno della Biblioteca Antoniana e questo riflette la fama di perfezione teologica raggiunta a Oxford e Cambridge. Nell'Inghilterra medievale la devozione a sant'Antonio si manifestò in diverse forme tra cui la produzione di testi agiografici, omileti e liturgici.
L'impegno pastorale dei frati - e in particolare dei Minori - si dispiega principalmente nella predicazione, nella confessione, nella cura dei defunti. Questo studio prende in esame la cura dei defunti e la predicazione: la prima, attraverso l'analisi della pratica testamentaria, che consente di cogliere l'effettiva recezione della guida spirituale dei frati; la seconda, attraverso le raccolte di sermoni registrati nel catalogo di fine Trecento della Biblioteca Antoniana di Padova. I testamenti trecenteschi illustrano, dal punto di vista delle richieste di sepoltura, la "mobilità" dell'ambiente urbano dove la contiguità abitativa rende maggiormente permeabili le une alle altre le diverse giurisdizioni del clero secolare e regolare. Invece, i sermoni enumerati nel catalogo trecentesco descrivono l'ambivalenza della cultura della pastorale dei frati di Sant'Antonio nella prima metà del Trecento: fedeli alla tradizione antoniana della predicazione biblica e patristica alcuni, ma anche sempre più aperti alle sperimentazioni della teologia "scientifica" e dei commenti aristotelici gli altri. L'eco della riflessione dei sermonisti riesce, alcune volte, a scavalcare i muri della scuola e a entrare nella piazza, dimostrando la capacità di reclutamento della pastorale dei Minori.
The pastoral work of the friars - and in particular of the Friars Minor - principally involves preaching, confession and the care for the dead. This study examines the care for the dead and preaching: the first is done through an analysis of the wills and testaments which allows us to understand how the spiritual guidance of the friars was received; the second is through the collection of sermons recorded in the catalogue at the end of the 14th century in the Biblioteca Antoniana of Padua. The wills from the 14th century illustrate, from the point of view of burial requests, the "mobility" of the urban environment where the contiguity of dwellings made the different jurisdictions of the religious and secular clergy more permeable to one another. Instead, the sermons listed in the catalogue from the 14th century describe the ambivalence of the pastoral culture of the friars of St. Anthony's in the first half of the 14th century: some were faithful to the Antonian tradition of biblical and patristic preaching, while others were more and more open to the experimentation of "scientific" Theology and of Aristotelian comments. The echo of the thoughts of the preachers at times was able to go beyond the walls of the school and enter into the square, demonstrating the recruiting capacity of the pastoral work of the Friars Minor.
Protagonista di una notevole produzione agiografica duecentesca, Antonio risulta assai più trascurato nel secolo successivo, a parte la notevole eccezione della "Chronica XXIV generalium" che gli dedica maggior spazio, con l'inserimento di una raccolta di miracoli, in parte "inediti" rispetto alle Vite, a lui specificatamente consacrata. Scritta verso gli anni Sessanta-Settanta del Trecento, la Chronica si presenta come una preziosa rilettura della storia dell'Ordine dopo decenni assai travagliati, alla vigilia della comparsa dell'Osservanza e quale esito, articolato e composito, della variegata tradizione agiografica e cronistica precedente. Si delinea, nel caso di Antonio, un quadro che, pur dipendente da materiali duecenteschi, li assembla e li modifica rendendoli funzionali a un progetto ben definito, alle esigenze e ai caratteri assunti nell'Ordine nel XIV secolo, con la volontà, però, di collegare strettamente tali istanze alla vocazione "primitiva" del movimento minoritico attraverso l'accostamento, originale nelle sue forme e nelle sue motivazioni, di Antonio con il fondatore.
Protagonist of a notable hagiographical production of the thirteenth century, Anthony was greatly ignored in the century that followed, aside from the important exception of the "Chronica XXIV generalium" which dedicates a great amount of space to him, inserting a collection of miracles, in part "new" with respect to those found in the "Lives", which are specifically dedicated to him. Written between the 1360s and 1370s, the Chronica is a precious rereading of the history of the Order after difficult years, at the dawn of the appearance of the Observance. It is an articulated and merged result of the varied hagiographic and chronicle traditions that preceded it. In the case of St. Anthony, an image can be traced which depends on material from the thirteenth century, material which has been reassembled and modified to make it more functional for a well defined project, for the needs and the character assumed by the Order in the XIV century, with the desire to closely connect those moments to the "primitive" vocation of the Order of the Friars Minor through the juxtaposition of Anthony and the founder of the Order, an original concept for its form and motivation.
La ricerca ha analizzato la consistenza del patrimonio di oreficerie del Santo alla fine del secolo XIV, mediante lo studio dell'inventario del 1396. È stato possibile identificare diversi committenti e donatori, soprattutto di calici, che appartengono generalmente all'"entourage" dei Carraresi: funzionari, uomini d'arme, delegati e incaricati dalla corte signorile a specifici uffici. Più difficile è stabilire la committenza dei reliquiari, gli unici pezzi pervenuti dal Tesoro trecentesco. Esso subì difatti un pesante depauperamento già alla fine del Trecento, quando l'ultimo signore carrarese, Francesco Novello, requisì diverse oreficerie per finanziare la campagna bellica contro Venezia.
The research has analyzed the work of goldsmiths found at the Basilica of St. Anthony at the end of the 14th century, by studying the inventory of 1396. It was possible to identify various patrons and donors, especially of the chalices, who generally belong to the entourage of the Carraresi family: functionaries, soldiers, delegates and appointees of the Carraresi court. It is more difficult to establish the commissioning of reliquaries, the only pieces still remaining from the 14th century. The Basilicas treasury was greatly diminished at the end of the 14th century, when the last Carraresi Lord, Francesco Novello, requisitioned various gold objects to finance his campaign against Venice.
La basilica e il convento del Santo fin dal Duecento, ma soprattutto nel corso del Trecento, divennero un luogo di sepoltura assai richiesto da parte di personaggi di spicco o di famiglie abbienti, assumendo via via una fisionomia marcatamente funeraria che oggi solo in minima parte si conserva. Considerando le intenzioni di tumulazione presso il complesso antoniano espresse in un congruo numero di testamenti trecenteschi padovani, insieme all'evidenza delle tombe e dei sigilli ancora esistenti, è possibile ridisegnare tale facies e ricostruire i luoghi privilegiati e le scelte particolari nell'assetto del sepolcro, motivati dalla devozione, ma spesso, anche, da una consapevole politica d'immagine per sé e la propria famiglia.
In the thirteenth century and even more so in the fourteenth century, the Basilica and the friary of St. Anthony became a highly sought-after place of interment by important people and wealthy families taking on more of a monumental cemetery aspect, which today is only minimally preserved. Considering the intentions of burial at the Basilica complex expressed in a congruous number of wills form Padua dating to the fourteenth century, together with the evidence of the existing tombs and their seals, it is possible to redesign that aspect and reconstruct the privileged areas and the details regarding the placement of the tombs, motivated by devotion, but often also by a sense of status for the image of the individual and the family.
Nel terzo capitolo del suo "Libellus de magnificis ornamentis Regie Civitatis Padue", Michele Savonarola, medico padovano del XV secolo, descrive i monumenti funebri dei "viris illustribus non sacris" di Padova, definizione che ovviamente comprende anche i "dottori". La tipologia savonaroliana e il rilievo di monumenti funebri tuttora esistenti e di altri che conosciamo solo tramite le fonti confermano il ruolo secondario della rappresentazione figurativa dei docenti nelle loro tombe della Padova trecentesca. Sia la raffigurazione del "doctor in cathedra" sia quella del "gisant" (vedi le tombe di Bonjacopo Sanvito e Raniero degli Arsendi nel chiostro del Capitolo al Santo) dimostrano del resto un'iconografia diversa da quella dei numerosi esempi bolognesi. Rilevando il significato del materiale costitutivo delle arche e di una loro caratteristica architettonica (l'innalzamento dei sarcofaghi su quattro colonne), Savonarola nel suo "Libellus" ci offre inoltre indicazioni essenziali per comprendere la genesi e lo sviluppo delle tombe dei dottori e la loro "patavinitas". A Padova la semantica del materiale e la predilezione di forme semplici rivelano il concetto della "vetustas" delle arche, testimoniato in modo esemplare ed esplicito nell'arca del Petrarca ad Arquà. L'onore del sollevamento delle arche su quattro colonne inquadra invece tombe di santi e di laici (dottori più precocemente) in un contesto comune che svela una fitta rete di connessioni e dipendenze fra i monumenti funebri padovani.
In the third charter of his "Libellus de magnificis ornamentis Regie Civitatis Padue", Michele Savonarola, the 15th century doctor from Padua, describes the funeral monuments of the "viris illustribus non sacris" of Padua, a definition which obviously includes "doctors". The type presented by Savonarola and the relief work on existing tombs as well as on examples known to us only from descriptions confirm the secondary role of figurative representation of the "doctors" on tombs in the 14th century. The representation of the "doctor in cathedra" or of the "gisant" (see the tombs of Bonjacopo Sanvito and Raniero degli Arrendi in the Chapter courtyard of St. Anthony's Basilica) show a different iconography with respect to other numerous examples found in Bologna. By revealing the significance of the materials used in construction of tombs and their architectural qualities (placing the tombs on four columns), Savonarola in his "Libellus" offers us indications that are essential to understanding the genesis and development of the tombs of the Paduan "doctors" and their "patavinitas". In Padua the semantics of the materials and the preference for simple forms reveal the concept of the "vetustas" of the tombs, which is born out in an exemplary and explicit way in the tomb of Petrarch in Arquà. The honor of raising the tombs on four columns is common to both saints and lay people (doctors earlier than others) and reveals a thick network of connections and dependencies among the funeral monuments in Padua.
La basilica del Santo è stata anche uno spazio grafico, in cui si sono prodotte e si conservano scritture esposte, iscrizioni funerarie "in primis", che occupano spazi diversi, dall'interno ai chiostri al sagrato. Il corpus delle epigrafi funerarie trecentesche del Santo si presenta con un profilo straordinariamente unitario: si tratta di una raccolta numericamente cospicua, che conferma l'importanza del Santo come "locus" privilegiato per la commemorazione dei defunti, in particolare di quelli illustri, appartenenti a famiglie eminenti, che hanno rivestito ruoli importanti e che hanno dunque diritto a celebrare il ricordo di sé, anche grazie alla parola scritta. Questo "corpus" epigrafico si presenta inoltre di uno straordinario livello anche da un punto di vista artistico-formale: le epigrafi, oltre a essere inserite, nella maggioranza dei casi, in contesti monumentali di notevole raffinatezza, sono anche prodotti grafici nitidi e ineccepibili: se tuttavia in alcuni casi è solo la parola a esercitare la funzione del ricordo, in altri messaggio iconico e messaggio verbale si combinano in perfetto equilibrio, e in altri ancora il testo appare fortemente subordinato all'immagine.
The Basilica of St. Anthony is also a graphic space, where words on display have been produced and conserved, mostly funeral inscriptions, which are located various parts of the complex, from the courtyards to the public square. Most of the funeral epigraphs of the Basilica from the thirteen hundreds have an extraordinary unified profile: an important number of writings, which confirm the importance of the Basilica as a privileged "locus" for the commemoration of the deceased, in particular for the famous, coming from eminent families, who had important roles in society and therefore had a right to celebrate themselves, thanks to the written word. This epigraphic "corpus" is also of an exceptional level from an artistic-formal point of view: epigraphs, aside from their insertion in very refined funeral monuments, are also clear and unexceptionable graphics in their own right: in certain cases it is only the written word which is used as a remembrance, in other cases the visual and written messages combine in perfect balance, however, in others the text is clearly subordinate to the image.
La relazione vuole mostrare lo stretto legame tra guerra e morte in battaglia dei soldati dell'esercito carrarese, all'interno di una Padova trecentesca sempre più organizzata militarmente, e la nascita di una nuova forma d'arte e committenza. Molte sono le cappelle funerarie che ospitano i monumenti funebri di illustri condottieri all'interno delle chiese di Padova. Erano in Sant'Agostino, le troviamo presso la chiesa degli Eremitani, delle famiglie Cortellieri, Spisser, Dotto, e non ultime al Santo, conservate nei chiostri o in basilica; le più importanti sono la cappella di San Giacomo e l'oratorio di San Giorgio, rispettivamente volute da Bonifacio e Raimondino Lupi. Inoltre all'interno di queste chiese si può riconoscere la presenza dei Carraresi non solo attraverso i monumenti funebri ma anche attraverso una serie di ritratti nascosti riconoscibili attraverso alcuni indizi dati dagli stessi artisti. Ad esempio ritroviamo in San Giacomo Bonifacio Lupi e il Petrarca nella scena del "Consiglio di Re Ramiro" e Francesco il Vecchio da Carrara nella "Decapitazione di san Giorgio" all'interno dell'oratorio.
The author demonstrates the close ties between war and death in battle of the soldiers of the Carraresi army, in 14th century Padua, which had become increasingly better organized militarily, and the birth of a new form of art and patronage. There are many funeral chapels with monuments to illustrious combatants within the churches of Padua. They were in the church of St. Augustine, the church of the Eremitani, the chapels of the Cortellieri, Spisser and Dotto families, and, not least of all, at the Basilica of St. Anthony, in the courtyards or in the Basilica itself, the most important of which are in the chapel of St. James and the Oratory of St. George, commissioned by Bonifacio and Raimondino Lupi, respectively. Moreover, inside these churches the presence of the Carraresi can be recognized in funeral monuments, but also in a series of hidden portraits recognizable through certain clues given by the artists. For example, we can find Bonifacio Lupi and Petrarch in the scene of "The Council of King Ramiro" in the chapel of St. James, and Francesco the Elder da Carrara in "The Beheading of St. George" in the Oratory of St. George.
Recenti restauri hanno portato a nuove riflessioni sull'attività di Andriolo de' Santi a Padova e sull'organizzazione della sua bottega. Lo studio delle tecniche, i risultati delle analisi sui materiali, i dati documentari sembrano confermare una prassi operativa in virtù della quale il capobottega delegava in parte ai suoi collaboratori - tra i quali figurava un certo Giovanni, probabilmente suo figlio - l'esecuzione delle opere, determinando talvolta rilevanti scarti qualitativi. Le urne sepolcrali di Jacopo e Ubertino da Carrara sono opere di grande articolazione e complessità, nelle quali si verifica una sostanziale interrelazione tra architettura, scultura e pittura. Stretti sono i rapporti con la pittura contemporanea, in particolare con gli affreschi padovani di Guariento.
Recent restoration has brought new reflection on the activity of Andriolo de' Santi in Padua and on the organization of his workshop. The study of the techniques, the results of analysis of the material and the available documents seem to confirm an operational policy whereby the head of the workshop delegated the execution of the paintings to his collaborators - among whom there was a certain Giovanni, probably his son - resulting in noticeable differences in quality. The tombs of Jacopo and Ubertino da Carrara are highly complex and articulated, presenting a profound relationship between architecture, sculpture and painting. There is a very close connection with the contemporary Paduan frescos of Guariento.
Gli studiosi hanno sempre sottolineato la derivazione degli episodi dipinti da Jacopo Avanzi e Altichiero da Zevio sulle pareti della cappella dedicata a San Giacomo al Santo dalla "Legenda aurea" di Iacopo da Varazze. Da un'analisi attenta delle immagini emergono tuttavia particolari in contrasto con il testo della "Legenda aurea", come il rogo dei libri, o il cavaliere che riesce a salvarsi nonostante il crollo del ponte. Tali episodi sono invece narrati nella "Passio Magna" e nella "Translatio" del "Liber Sancti Iacobi". Questo testo, essenzialmente liturgico, comprende anche l'"Historia Turpini", o meglio dello Pseudo-Turpino, che è la fonte d'ispirazione delle ultime tre scene, raffiguranti Il "Sogno di Carlo Magno", "Il consiglio del re" e la "Presa di Pamplona". L'analisi dei testi e della tradizione iconografica dimostra infatti che gli episodi raffigurati sono il "Sogno di Carlo Magno" e la "Presa di Pamplona" e non il "Sogno di re Ramiro" e la "Battaglia di Clavigo", come già correttamente aveva indicato Jeanne Cuénod nel 1910.
Experts have always underlined the origin of the episodes painted by Jacopo Avanzi and Altichiero da Zevio on the walls of the chapel dedicated to St. James in the Basilica of St. Anthony as being from the "Legenda aurea" by Jacopo da Varazze. A more accurate analysis of the images reveals details which contrast with the text of the Legenda aurea, like the burning of books, or the knight who saves himself despite the collapse of the bridge. These episodes are narrated in the "Passio Magna" and in the "Translatio" of the "Liber Sancti Iacobi". This text, essentially liturgical, comprises the "Historia Turbini", or the Pseudo Turpino, which is the source of inspiration for the last three scenes, representing "The Dream of Charlemagne", "The Council of the King" and "The Conquering of Pamplona". The analysis of the texts and the iconographic tradition demonstrate that the episodes actually represent "The Dream of Charlemagne", and "The Conquering of Pamplona", rather than "The Dream of King Ramiro" and "The Battle of Clavigo", as Jeanne Cuénod had already correctly pointed out in 1910.
Oggetto di questo articolo è una ricerca di carattere iconografico volta a creare un'indagine parallela tra le fonti letterarie tradizionalmente associate alla decorazione pittorica della cappella di San Giacomo al Santo e gli affreschi stessi. Si è sentita così la necessità di rivalutare pienamente la tesi di Jeanne Cuénod, la quale propose di interpretare l'iconografia dei tre affreschi del registro inferiore della parete orientale non sulla base dell'"Historia Compostellana" bensì della "Cronaca" dello Pseudo-Turpino. Si è proposto inoltre per il committente di sinistra dell'affresco votivo, tradizionalmente identificato in Caterina dei Francesi moglie di Bonifacio Lupi, un'identità maschile, forse assimilabile alla persona di Giovanni Lupi, fratello minore di Bonifacio e canonico della cattedrale di Padova negli anni 1350-1363.
The subject of this article is the iconographic research conducted as a parallel investigation between the literary sources traditionally associated with the decoration of the Chapel of St. James in the Basilica of St. Anthony and the frescos themselves. It thus became necessary to completely re-evaluate the theory of Jeanne Cuénod, who proposed to interpret the iconography of the three frescos in the chapel of the lower register on the eastern wall not on the basis of the "Historia Compostellana" but rather on the "Cronaca" of the Pseudo-Turpino. In addition, the patron on the left of the votive fresco, traditionally identified as Caterina dei Francesi, wife of Bonifacio Lupi, is proposed to be a man, perhaps the figure of Giovanni Lupi, Bonifacio's younger brother and canon of the Cathedral in Padua during the years 1350-1363.
Partendo dalla considerazione dei partimenti decorativi della cappella di San Giacomo al Santo l'autore ne rivendica l'ideazione da parte di Altichiero, nell'ambito della sua stretta collaborazione con Jacopo Avanzi. Nella penultima lunetta del ciclo jacopeo, con "I tori che tentano invano di trascinare il corpo di san Giacomo", viene individuata l'esecuzione della cornice da parte di Jacopo Avanzi, che lasciò interrotto bruscamente il lavoro, ripreso da Altichiero. A tale ripresa corrispose un abbassamento dei ponteggi e l'integrazione delle parti basse delle lunette da parte del pittore veronese, ciò che è documentato pure da un pagamento del luglio 1376. La precisazione di tale circostanza permette di avvalorare la testimonianza di un documento bolognese secondo cui Jacopo Avanzi sarebbe morto poco prima, nel maggio 1376.
Beginning with the consideration of the decoration of the chapel of St. James at the Basilica of St. Anthony the author attributes the idea to Altichiero in light of his close collaboration with Jacopo Avanzi. In the penultimate lunette of the cycle of St. James, with "The Bulls which Attempt in Vain to Pull the Body of St. James", the cornice is attributed to Jacopo Avanzi, who suddenly interrupted the work, later completed by Altichiero. This resumption of the work corresponds to a lowering of the scaffolding and the integration of the lower parts of the lunettes by the Veronese painter, which is documented by a payment made in July 1376. This circumstance would seem to verify the fact put forth in a Bolognese document according to which Jacopo Avanzi died a few months earlier, in May 1376.
L'articolo punta su di un aspetto marginale della decorazione della cappella di San Giacomo al Santo, eretta da Bonifacio Lupi (1372-1379), e dell'oratorio di San Giorgio, edificio funebre del cugino Raimondino Lupi (1377-1384): le insegne araldiche. Della serie di emblemi che celebrano i committenti facevano originariamente parte numerosi lupi rampanti dipinti in blu sotto gli archetti pensili all'esterno dell'oratorio di San Giorgio. La loro ideazione viene in questa sede attribuita ad Altichiero. Sulla base dell'individuazione di alcuni frammenti d'intonaco, l'autrice ipotizza inoltre che i muri esterni dell'oratorio di San Giorgio fossero originariamente dipinti di rosso. Considerando il fatto che per esporre l'insegna del committente in una cappella gentilizia era necessaria una specifica concessione da parte dell'ordine francescano, la grande estensione di decorazioni araldiche delle due cappelle dei Lupi risulta singolare. Inoltre colpisce che gli artisti scelgano le insegne come campo di sperimentazione per soluzioni spiccatamente realistiche. La varietà delle invenzioni di Altichiero nell'oratorio di San Giorgio concorda pienamente con il gusto riscontrabile nell'affresco della famiglia Cavalli in Sant'Anastasia a Verona. Una seconda funzione delle insegne araldiche - già segnalate da altri autori nel ciclo narrativo di San Giacomo - è l'evocazione di legami diplomatici e di amicizia: l'autrice individua nell'inquartato rosso e bianco ricorrente nella scena di battaglia in San Giacomo un riferimento allo stemma della famiglia Dotti, fedeli seguaci dei Carraresi e cittadini di Padova di grande importanza. La capacità di Altichiero di intrecciare le insegne araldiche nella tessitura delle storie dipinte si ritrova anche nella scena della "Decollazione di san Giorgio". Qui ricorre l'insegna della testa di moro, la cui resa del profilo carnoso - con paralleli nell'opera di Taddeo Gaddi a Firenze - conferma l'insistita ricerca realistica di Altichiero anche nei particolari più marginali.
The article concentrates on a marginal aspect of the decoration of the chapel of St. James in St. Anthony's Basilica, constructed (1372-1379) on behalf of Bonifacio Lupi, and of the Oratory of St. George (1377-1384), funeral chapel for his cousin Raimondino Lupi: the heraldic coats of arms. Numerous rampant wolves (lupi) painted in blue below the hanging arches outside the Oratory were originally part of the series of emblems that commemorated the patrons. Here they are attributed to Altichiero. Based on the discovery of a few fragments of plaster, the author hypothesizes that the outside walls of the Oratory were originally painted red. Considering the fact that a special concession by the Franciscan Order was needed to display a coat of arms of a patron in a nobles chapel, the great expanse of heraldic decorations of the two Lupi chapels is unique. Moreover, it is noteworthy that the artists choose the coats of arms as a field for experimentation with decidedly realistic solutions. The variety of invention by Altichiero in the Oratory of St. George fully agrees with the aesthetics found in the fresco of the Cavalli family in St. Anastasia in Verona. A second function of the coats of arms - previously indicated by other authors in the narrative cycle of St. James - is the evocation of diplomatic and friendship bonds: the author identifies in the recurrent red and white quartered banner in the battle scene in St. James' chapel a reference to the coat of arms of the Dotti family, loyal followers of the Carraresi Lords and citizens of great importance in Padua. The ability of Altichiero to weave the heraldic symbols in the scenes of the stories depicted is seen again in "The Beheading of St. George". Here the recurrent symbol is the Moors head whose fleshy profile - with parallels in the work of Taddeo Gaddi in Florence - confirms Altichiero's insistent search for realism even in the most marginal of details.
Partendo dall'esame dei diversi interventi di ridipintura e restauro effettuati sul ciclo di affreschi della cappella di San Giacomo, si presentano i risultati dell'intervento di pulitura eseguito sui dipinti e le motivazioni che hanno portato all'eliminazione di alcuni interventi di restauro e il mantenimento di altri in modo da fornire una guida per una corretta lettura del testo figurato. Nella seconda parte dell'intervento si propone un'ipotesi di ricostruzione del ponteggio utilizzato dai pittori per eseguire il loro lavoro sulla base dell'analisi delle cesure delle giornate di lavoro. Questa ricostruzione costituisce un contributo utile per chiarire i rapporti e i termini della collaborazione tra Altichiero da Zevio e Jacopo Avanzi nell'esecuzione dei dipinti della cappella di San Giacomo.
The introduction examines the various interventions of retouching and restoration carried out on the cycle of frescos in the Chapel of St. James. The results of the cleaning are presented along with the motivation behind the elimination of various retouches from previous restorations while leaving others which add to the legibility of the story. In the second half of the presentation, there is a proposed reconstruction of the scaffolding used to paint the chapel based on the identification of the breaks of the days work. This reconstruction is useful in understanding the relationships and terms of the collaboration between Altichiero da Zevio and Jacopo Avanzi in the execution of the frescos of the Chapel of St. James.
Il raffronto tra l'operatività del cantiere di Giusto de' Menabuoi nella cappella Belludi al Santo e quello di Altichiero da Zevio nell'oratorio di San Giorgio permette di individuare le affinità e le diversità dei modi di eseguire l'affresco e di organizzare il cantiere adottati dai due maestri. Essi usano la tecnica classica dell'affresco, ma Altichiero aggiunge ai pigmenti un "medium" proteico che permette di allungare i tempi di esecuzione dell'affresco e che conferisce alla pellicola pittorica maggiore preziosità. Nel cantiere trecentesco operano molte mani, ma nell'insieme lo stile della pittura è unitario perché viene impresso dal maestro attraverso l'invenzione, il disegno, la preparazione, il controllo e la revisione del lavoro, nonché, in qualche caso, da una propria maniera di interpretare la tecnica dell'affresco. Il lavoro collegiale del cantiere trecentesco non permette di individuare in maniera certa l'autografia del maestro nelle singole figure attraverso dati oggettivi come l'esecuzione tecnica o l'operatività di cantiere: è ancora il dato stilistico a poter dare indicazioni in questo senso.
The comparison of the workshops of Giusto de' Menabuoi in the chapel of Luca Belludi in St. Anthony's Basilica and of Altichiero da Zevio in the Oratory of St. George can identify the similarities and differences between the two artists in the method of fresco and in organizing the workshop. They both used classical Fresco technique, but Altichiero added a protein medium to the pigments that allowed him to prolong his working time and gave a greater brilliancy to his finished surface. In a workshop of the thirteen hundreds there were many hands painting, but the style, taken as a whole is unified because it is imposed by the master through invention, the drawing, preparation, control and revision of the work as well as in certain cases a unique way of interpreting fresco technique. A group effort such as this does not permit us to identify in any certain way the work of the master in any given figure using objective data concerning the technical execution of the work, it is only the stylistic analysis that can help indicate his intervention.
L'intervento prende in esame i diversi giudizi espressi in merito agli affreschi del Trecento padovano da critici come Cavalcaselle, Venturi, Longhi, Toesca e altri. Già riconosciuta da Cavalcaselle, la grandezza di Giusto de' Menabuoi fu particolarmente sottolineata da Roberto Longhi. Comune a tutta la critica primo-novecentesca è l'apprezzamento nei confronti dell'arte di Altichiero, mentre Jacopo Avanzi viene in genere ignorato, o fortemente limitato.
This presentation examines the various opinions of art critics such as Cavalcaselle, Venturi, Longhi, Toesca and others concerning the frescos of 14th century Padua. The greatness of Giusto de' Menabuoi, already recognized by Cavalcaselle, was further emphasized by Roberto Longhi. Common to art critics of the first half of the twentieth century is an appreciation of the artistry of Altichiero, while generally, ignoring Jacopo Avanzi.